Transiti tra filosofia, letteratura, psicoanalisi

Transiti
Tra filosofia, letteratura, psicoanalisi

ciclo di incontri dal 5 febbraio al 15 aprile a cura di Jonas Verona. Centro di Clinica psicoanalitica per i Nuovi Sintomi e Centro di Ricerca “Tiresia. Filosofia e psicoanalisi” dell’Università degli Studi di Verona

 

Mercoledì 5 febbraio 2020 –  ore 18

Colangelo, Alfano, Il testo del desiderio. Letteratura e psicoanalisi, Carocci 2018
Gli autori Carmelo Colangelo e Giancarlo Alfano discutono con Federico Leoni (Università di Verona) e Massimo Natale (Università di Verona)

Sin dai primi passi nel territorio dell’inconscio, Freud si è servito di personaggi ed episodi della letteratura ricavandone alcuni dei modelli narrativi e delle strutture operative che ha utilizzato per la prima volta negli Studi sull’isteria e che ha poi sviluppato in maniera più compiuta nell’Interpretazione dei sogni. Con l’affermarsi della psicoanalisi, concetti e strutture del discorso dell’inconscio sono stati progressivamente applicati ai diversi prodotti della cultura umana, a partire dalla letteratura. In questo modo si è capito sempre meglio che le realizzazioni più alte e sofisticate della civiltà sono compromesse con le forme più elementari dell’organizzazione psichica umana. Il libro offre una rivisitazione di questo grande paradosso, presentando il rapporto tra la psicoanalisi e la letteratura occidentale attraverso un’organizzazione bipartita. Nella prima parte sono affrontati i modi e il contesto teorico in cui avvenne l’incontro tra produzione letteraria e pratica psicoanahtica. La seconda affronta invece cinque questioni fondamentali che caratterizzano il pensiero freudiano e ì suoi sviluppi successivi.

 

Mercoledì 11 marzo 2020 – ore 18

Bergamaschi, Adolescenti migranti e nuovo mondo. Geografie dell’inconscio, Mimesis 2017.
L’autrice Maria Laura Bergamaschi discute con Gianluca Solla (Università di Verona) e Linda Bonola (Jonas)

Il fenomeno migratorio, agente fondamentale delle trasformazioni sociali contemporanee, pone il problema dell’incontro tra individui appartenenti a culture differenti. Che cosa significa incontrare l’altro, lo straniero? Quali prospettive è chiamato a promuovere un discorso psicoanalitico in questo ambito? A partire dall’esperienza clinica con adolescenti migranti, potremmo pensare lo strumento psicoanalitico come una possibilità per l’essere umano, al di là della cultura d’appartenenza, di reperire una parola che aiuti a soggettivare la propria storia, a recuperare la differenza che caratterizza l’unicità della sua esistenza, perché la vita sia possibile, proprio a partire da quell’essere stranieri che ci accomuna.

 

Mercoledì 25 marzo 2020 – ore 18

Leoni, Jacques Lacan, una scienza di fantasmi, Orthotes 2019
L’autore Federico Leoni discute con Matteo Bonazzi (Università di Verona) e Leeanne Minter (Jonas)

Questo è un libro insistente. Mostra una stessa cosa, ora come tratto, ora come voce, ora come oggetto, ora come calligramma, ora come uno, ora come fantasma. E lo fa cercando la risonanza di una stessa struttura attraverso diverse figure filosofiche e psicoanalitiche. Sigmund Freud, Jacques Lacan, Platone e Descartes sono gli interlocutori privilegiati di questo percorso. Che cosa risuona attraverso queste figure? Una stessa struttura o più esattamente uno stesso movimento, quello attraverso cui una struttura si struttura, un soggetto prende forma, uno spazio si configura. Movimento o scansione. Ritmo, luogo mobile. Ritmo e riso, per indicare in un’etica che ha qualcosa di comico un’area di sovrapposizione tra quelle due scienze di fantasmi che sono la filosofia e la psicoanalisi.

 

Mercoledì 15 aprile 2020 – ore 18

Lippi, Ritmo e melanconia, Poiesis 2019
L’autrice Silvia Lippi discute con Francesco Filippini (Jonas) ed Elena De Silvestri (Università di Verona)

Per Roxane il silenzio si crea a partire dalla velocità, che svanisce generando del vuoto: la velocità rompe la dimensione temporale a vantaggio di quella spaziale. La velocità esaspera il fraseggio di Coltrane fino a dissolverlo. In Coltrane, le note si annullano man mano che si creano. Si producono e si disperdono nell’esecuzione. Le note si perdono, fuggono, come le idee del soggetto maniacale. Vita e morte si sfuggono e s’inseguono nel fraseggio veloce, un fraseggio incandescente, appassionato, esaltato: suono vitale e mortifero al tempo stesso, suono dove il respiro dello strumento è respiro di vita e nello stesso tempo ultimo respiro.